Spesso mamma e papà li scoprono per caso:

sbucano dai jeans, fanno capolino dalle magliette estive o dietro l’ennesima ciocca di capelli decolorata. Altre volte, invece, sono annunciati, dichiarati, discussi - quando non direttamente oggetto di vere e proprie liti - o semplicemente mostrati, una volta fatti, con un misto di terrore, sfrontatezza e sfida. Stiamo ovviamente parlando di tatuaggi e di piercing, che spesso diventano uno degli strumenti di comunicazione degli adolescenti.
Dal rituale al fenomeno di massa Nati come segno di riconoscimento e di appartenenza, tatuaggi e piercing comprendono oggi uno spettro ancora più ampio di condizioni: imitazione, identificazione, opposizione al sistema e quindi trasgressione o, al contrario, eccesso di conformismo. A volte sono spia di malessere, altre di semplici scelte estetiche di cui una volta adulti, andar fieri o pentirsi. Certamente una parte dell’antico significato rituale e iniziatico è giunta fino a oggi. Decorare il corpo è una pratica antichissima e ieri come oggi segna sempre un passaggio, per cui non a caso spesso si consuma proprio durante l’adolescenza. Trasgressivi, segno di distinzione, i tatuaggi dagli anni ’70 si legano sempre più spesso ai “buchi”, i piercing, che si moltiplicano e arrivano dove mai si sarebbe pensato possibile con il movimento Punk, che dall’Inghilterra si diffonde con il suo grido radicale contro il modello di vita borghese.
Lo stesso spirito di contestazione e ribellione si trova nei graffiti degli anni ’80 e sempre, a ogni latitudine, nei linguaggi giovanili, volutamente lontani dalle intrusioni dei genitori. Linguaggi che oggi sono sempre più rapidi e fatti di faccine (emoticon), immagini e compenetrazione tra la vita on e off line, specialmente con la pratica della condivisione su gruppi e social.

La centralità del corpo

Il corpo resta però sempre al centro del linguaggio e i confini tra privato e pubblico - ancora la condivisione, il rapporto tra vita on e off line - sfumano per trovare nuovi limiti. Quelli che durante l’adolescenza vengono testati per verificare e costruire i propri ed esplorare l’identità. Non dimentichiamo che è questo il periodo delle più grandi trasformazioni. Il corpo del bambino lascia spazio al futuro uomo e on e off line La vita degli adolescenti, nella maggior parte dei casi, corre allo stesso modo tra reale e virtuale con una linea di continuità tale da rendere per molti versi desuete queste definizioni. Perché gli eventi, i sentimenti, le amicizie, gli amori, la ricerca della propria identità diventano quasi sempre il soggetto di un’immagine in una sorta di continuo processo di validazione che trova il suo apice nella condivisione su gruppi di amici o sui social. Questo processo stupisce, preoccupa e spaventa l’adulto, che non può esimersi dal compito, importantissimo, di istruire i figli sulla vita delle immagini on line e sui concetti di privacy e di intimità che la rete ha rimesso in discussione. Identità alla donna di domani. Cambiano la fisionomia, la voce, la percezione del corpo. In questo processo, sempre delicato, l’adolescente tende all’atto, per cui l’immagine di sé non è altro che la rappresentazione interna dell’apparenza esterna. Per questo l’adolescente non può, non riesce ad aspettare e tende agli estremi. Il tatuaggio, il piercing, ma anche il forzare il proprio corpo a somigliare di più all’immagine interna che si coltiva: più magri, atletici, abbronzati... sempre di più. Da qui anche l’emergere, sempre più precoce, di disturbi alimentari e il ricorso ad interventi chirurgici (liposuzione, correzione estetica), che in molti casi gli adolescenti affrontano insieme a genitori che faticano a vedere la persona nella sua interezza ermandosi all’aspetto fisico.

I genitori:
antagonisti o alleati?

Quando l’adolescente ha una buona autostima costruisce nel confronto con il mondo - fatto anche di sane contrapposizioni - la propria identità con coerenza e competenza emotiva. Non ricorre a piercing o tatuaggi o ad altre pratiche per identificarsi in un gruppo o gridare il proprio disprezzo per un modello di vita. Costruisce la propria scala di valori distaccandosi da quello in cui non si riconosce e conservando quello che sente più suo. Il ruolo di mamma e papà è essenziale perché attraverso il rapporto genitoriale si può instaurare un legame e un clima di fiducia, il terreno adatto per crescere e differenziarsi. Una base solida che permette all’adolescente di vedere riconosciuta la propria unicità e la sua ricerca identitaria. Il genitore deve quindi porsi in un dialogo aperto: essere capace di assecondare ma anche di rifiutare le richieste del figlio, dare dei limiti, in modo da aiutarne il processo di individuazione. Aiutarlo a vivere le emozioni e a gestirle, a comprendere l’importanza del tempo come elemento fondante per valutare le decisioni a lungo termine, sono momenti importanti, che facilitano una crescita armonica e consapevole. Quando l’adolescente infierisce su se stesso, nei tanti modi che sappiamo possibili, dall’alimentazione all’autolesionismo, significa che è alla ricerca di qualcosa e di un riconoscimento che solo così ha trovato espressione. Questa fragilità va accolta e ascoltata per iniziare un percorso, ancora una volta insieme figli e genitori, per trovare modalità e sistemi più efficaci per esprimere sentimenti, passioni e contraddizioni proprie di quella stagione straordinaria che è l’adolescenza.

 

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